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Il significato della fedeltà

4 Marzo 2016

Circolano alcune gravi imprecisioni sui social riguardo al dovere di fedeltà nel matrimonio e mi sento obbligato ad intervenire per portare un contributo di chiarezza.

L’obbligo di fedeltà di cui parla il codice civile (e che verrebbe risparmiato alle unioni civili) non è più interpretato ormai da anni solo come obbligo di non tradire fisicamente l’altro coniuge.

Altrimenti tutte le volte che venisse dimostrato al giudice che uno dei due avesse un amante, gli verrebbe automaticamente imputata la “colpa” della separazione.

Oramai le corti interpretano l’obbligo di fedeltà in modo più ampio e costituzionalmente orientato, intendendolo come impegno, ricadente su ciascun coniuge, a non tradire il rapporto di dedizione fisica e spirituale fra di loro, la fiducia reciproca, e non soltanto come astensione da relazioni sessuali extraconiugali.

Seguendo questo criterio, per i giudici “provoca la violazione dell’obbligo di fedeltà, con conseguente addebito della separazione, anche la relazione del coniuge con estranei, la quale, seppure non si sia sostanziata in un vero e proprio adulterio, abbia comunque offeso la dignità e l’onore dell’altro coniuge, in ragione degli aspetti esteriori con cui sia condotta nell’ambiente in cui i coniugi abitualmente svolgono la vita familiare” (Cass. 8929/2013).

Dunque si può dire che mentre un tradimento non basta a violare l’obbligo di fedeltà, ma occorre che sia infamante per l’altro coniuge, lesivo della sua dignità, ci può essere violazione dell’obbligo di fedeltà anche alla luce di comportamenti che niente hanno a che vedere con l’adulterio vero e proprio.

A me piace molto questa interpretazione del concetto di fedeltà perché non mette al centro il sesso, per abbracciare un’idea di solidarietà, di impegno dell’uno al rispetto della dignità dell’altro.

Allora qual è il prezzo più grande che si paga nella mancata menzione dell’obbligo di fedeltà nel nuovo disegno di legge?

Non certo il fatto che nessuno possa sentirsi obbligato ad essere fisicamente dedito al partner, anzi alcuni potranno trovarla persino allettante come prospettiva.

Il sacrificio più grande è nell’implicito giudizio di disvalore che il legislatore esprime quando individua nella mancanza del dovere di fedeltà, l’unica differenza fra l’unione civile ed il matrimonio.

Privare le coppie same sex dell’obbligo di essere fedeli non vuol dire alleggerirle di un onere fastidioso ma gravarle dello stigma dell’incapacità di darsi dignità nella conduzione di un rapporto.

E’ come se si dicesse: potete anche fare finta di sposarvi ma non appare assolutamente credibile che siate in grado di impegnarvi al rispetto l’uno dell’altro.

E’ una mancanza di fiducia nella natura delle relazioni omoaffettive che le espone ancora una volta al rischio di percepirsi come minoritarie, incapaci, per natura, di diventare la sede dove si esprimono vincoli reciproci di portata uguale a quella di un matrimonio “vero”.

Un’ unione per farsi compagnia, fintantoché non c’è niente di meglio da fare, o nessuno di meglio da farsi. Così, per scherzo.

di Roberto VERGELLI, vice presidente di Avvocatura per i diritti LGBTI – Rete Lenford