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UN ANNO DOPO LA SENTENZA N. 79/2022 DELLA CORTE COSTITUZIONALE: LA C.D. ‘STEPCHILD ADOPTION’ NON È LA SOLUZIONE PER LE FAMIGLIE ARCOBALENO

Un anno fa, il 28 marzo 2022, la Corte costituzionale depositava l’ormai famosa sentenza n. 79/2022, che ha consentito a tutte le bambine e a tutti i bambini adottati nelle forme della c.d. “stepchild adoption” di acquisire rapporti giuridici con i parenti del genitore adottivo: finalmente, da quel momento in poi, i bambini e le bambine adottate possono avere zii, zie, fratelli, sorelle, nonne e nonni legalmente riconosciuti, con tutte le tutele giuridiche che ne conseguono.
Con quella decisione, di certo, la Corte ha eliminato uno dei più gravi limiti della c.d. ‘stepchild adoption’, applicata dal 2014 anche alle famiglie arcobaleno per consentire alle mamme e ai papà ‘intenzionali’ di tutelare legalmente i propri figli e le proprie figlie.
È profondamente sbagliato, però, credere che quella sentenza abbia risolto tutti i problemi della ‘stepchild adoption’ e che le famiglie arcobaleno non debbano continuare a reclamare il riconoscimento c.d. “alla nascita” previsto per i figli e per le figlie di coppie formate da persone di sesso diverso.
Non è solo un discorso di eguaglianza: si tratta di considerare i gravissimi pregiudizi che vengono ingiustamente e intollerabilmente posti a carico di bambine e di bambini.
‘Ingiustamente’ e ‘intollerabilmente’, perché già nel parere consultivo del 10 aprile 2019 la Corte europea dei diritti dell’Uomo aveva stabilito che la c.d.’stepchild adoption’, per poter essere considerata una forma ammissibile di tutela (e in quel caso, peraltro, la Corte si riferiva al solo caso di riconoscimento di bambine e bambini nati all’estero a seguito di gestazione per altri), deve essere “effettiva” e “quanto più possibile rapida”.
E in Italia, a differenza di quanto sentiamo ripetere in questi giorni da chi nega vergognosamente uguaglianza giuridica e sociale a figli e figlie di due mamme o due papà, la ‘stepchild adoption’, è tutt’altro che rapida ed è tutt’altro che effettiva.
Da un lato, infatti, la media nazionale è di circa tre anni per ottenere una sentenza di adozione definitiva. E se è vero che alcuni Tribunali, come ad esempio quello di Roma, registrano tempi più contenuti (circa un anno), è lampante sia l’ingiustizia di dover far patire proprio a bambini e a bambine i diversi tempi giudiziari, sia l’ingiustizia di far attendere anche ‘un solo anno’ per dare tutela ai propri figli e alle proprie figlie, con l’ansia che, nel frattempo, il fluire inarrestabile della vita possa riservare intuibili eventi dolorosi.
Dall’altro lato, ed è davvero incredibile come una classe politica omofoba non voglia rendersene conto, la ‘stepchild adoption’ è ben lontana dal garantire una tutela ‘effettiva’, perché sconta, tra le altre criticità, quattro gravissimi limiti:
1) il bambino o la bambina non possono “costringere” il genitore intenzionale ad avviare il procedimento di adozione: pertanto, al contrario di quanto accade per i figli e per le figlie di persone di sesso diverso, nell’ipotesi in cui il genitore intenzionale abbandoni la propria famiglia quel bambino o quella bambina rimarrà privata per sempre di una tutela giuridica e non potrà imporre anche all’altra mamma o all’altro papà doveri di cura, di accudimento, di mantenimento, né, un domani, potrà vantare diritti ereditari;
2) qualora il genitore ‘intenzionale’ morisse prima di avviare il procedimento di adozione oppure, una volta avviato, morisse prima della sentenza, l’adozione non potrebbe essere pronunciata e, anche in questo caso, il bambino o la bambina non potrebbero reclamare alcuna tutela giuridica;
3) in caso di dissidi tra genitori, il genitore biologico potrebbe non prestare il consenso all’adozione da parte del genitore intenzionale, negandogli quindi il riconoscimento della genitorialità (in proposito, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza 38162/2022, hanno affermato la superabilità del dissenso nel superiore interesse del minore, ma si tratta di una questione che sino ad oggi ha sempre registrato pronunce di segno opposto e che dovrà ancora essere esaminata nello specifico dalla Corte di cassazione);
4) tanti Tribunali consentono il concreto avvio del procedimento di adozione soltanto quando i bambini e le bambine hanno ormai instaurato un ‘legame affettivo stabile’ con il genitore adottante, sacrificando, così, la tutela dei bambini e delle bambine durante i primi anni di vita.
E, allora, la battaglia per il riconoscimento alla nascita non poteva e non doveva arrestarsi dopo la sentenza 79/2022.
Trascorso un anno esatto, ribadiamo a gran voce che l’eliminazione di una intollerabile e gravissima discriminazione familiare non ci fa desistere dall’obiettivo, che resta quello di tutelare pienamente i bambini e le bambine tramite la trascrizione o l’iscrizione dei due genitori nei registri dello stato civile e, così, restituire eguaglianza e pari dignità a tutte le famiglie.
È nostro dovere continuare a farlo. Rete Lenford non si fermerà.
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