Login

Signup

Corte d’Appello di Roma: doppia vittoria!

15 Febbraio 2024

La Corte di Appello di Roma conferma che, nella carta d’identità dei figli e delle figlie di due mamme o di due papà, non può esserci la dicitura “Padre e madre”, ma deve esserci quella di “Genitori”, che rappresenta correttamente tutte le famiglie.

Ripercorriamo i fatti.

Il 31 gennaio 2019 l’allora Ministro dell’interno Matteo Salvini, attuale Ministro delle infrastrutture e vicepremier, aveva emanato un decreto con cui aveva modificato la dicitura da imprimere sulle carte di identità elettroniche rilasciate a persone minorenni: non più “Genitori” nei campi contenenti i nominativi delle persone che esercitano la responsabilità genitoriale, ma “Padre e madre”, anche nei casi di famiglie composte da due mamme o da due papà.

Al fine di evidenziarne le gravi illegittimità e scongiurarne l’emanazione, già nella fase di discussione del decreto ministeriale Rete Lenford si era immediatamente attivata, costituendo uno specifico gruppo di lavoro coordinato dai soci avv. Mario Di Carlo e avv. Tommaso Mauro, al quale partecipavano anche l’avv. Vincenzo Miri (oggi presidente di Rete Lenford), l’avv. Antonio Rotelli (co-fondatore di Rete Lenford), le avv.te Susanna Lollini e Federica Tempori (associate di Rete Lenford e componenti del Gruppo Legale di Famiglie Arcobaleno), l’avv. Carlo Alberto Mario Corazzini e l’ufficiale dello stato civile Luca Tavani. Anche ‘CILD – Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili’, di cui Rete Lenford fa parte, ha sempre supportato l’attività del gruppo di lavoro, tramite pubblicazioni dei risultati di studio e successive iniziative.

L’adozione del decreto, peraltro in aperto contrasto con i pareri resi dal Garante per la protezione dei dati personali e dalla Conferenza Stato-città, ha volutamente attuato una grave discriminazione delle famiglie arcobaleno: migliaia di mamme e di papà, già legalmente tali in forza di legge o di intervenute sentenze di adozione, sono state costrette (e lo sono ancora oggi) a vedere il proprio nominativo femminile indicato sotto la dicitura “Padre” e, viceversa, il proprio nominativo maschile indicato sotto la dicitura “Madre”.

Rete Lenford e Famiglie Arcobaleno, pertanto, hanno impugnato il decreto dinanzi al T.A.R. Lazio, domandandone l’annullamento per una pluralità di ragioni, ampiamente studiate e approfondite nel gruppo di lavoro.

Con la sentenza n. 212 del 9 gennaio 2020, il T.A.R. ha negato la propria giurisdizione, rilevando però la serietà dei profili giuridici indicati dalle associazioni ricorrenti e affidando a ciascuna coppia di mamme o di papà l’onere di domandare, volta per volta, al Tribunale territorialmente competente la disapplicazione del decreto, per ogni specifica vicenda giudiziaria, e la condanna del Ministero dell’interno a rilasciare una carte d’identità rispettosa della specifica composizione familiare.

E così, due coppie di mamme – assistite, una, dall’avv. Mario Di Carlo e dall’avv.ta Susanna Lollini e, l’altra, dall’avv. Vincenzo Miri e dall’avv. Federica Tempori – hanno chiesto al Tribunale di Roma di disapplicare il ‘decreto Salvini’.

Nel 2022 e nel 2023 il Tribunale di Roma ha dato ragione alle coppie e, oggi, la Corte d’appello ha confermato entrambe le decisioni, condannando il Ministero dell’Interno, complessivamente, al pagamento delle spese di lite per quasi 18.000,00 euro.

L’avv. Vincenzo Miri, presidente di Rete Lenford, dichiara: “Le sentenze della Corte d’appello di Roma confermano un importante risultato giudiziario, raggiunto dopo uno straordinario lavoro di squadra. Purtroppo, a distanza di cinque anni e nonostante le decisioni della Magistratura allineate anche ai pareri resi da Organi istituzionali, il Governo non ha ancora annullato un decreto palesemente discriminatorio, che continua a offendere la dignità e l’identità di tante famiglie. Anzi, in uno dei due casi decisi oggi dalla Corte d’appello, il Governo, da poco insediatosi, aveva addirittura scelto di impugnare la decisione del Tribunale con oltre 100 giorni di ritardo rispetto al termine fissato dalla legge, pur di impedire che la pronuncia divenisse definitiva e obbligasse il Ministero a emettere la carta d’identità con la dicitura “Genitori” in uso sino al 2109 (e non quella, giornalisticamente utilizzata, di “Genitore 1 / Genitore 2”, mai chiesta dalle coppie di mamme). Attueremo ogni pressione politica e giudiziaria affinché il decreto venga annullato e garantisca per legge l’eguaglianza e la pari dignità di tutte le famiglie. Oggi, infatti, ciascuna famiglia con due mamme o due papà dovrebbe, volta per volta, rivolgersi a un tribunale per vedersi riconosciuti i propri diritti fondamentali. Reputiamo questo profondamente ingiusto sia per i tempi e sia per i costi della giustizia. Le carte d’identità registrano quel che per lo Stato è una famiglia: negare anche nominalmente l’esistenza di migliaia di famiglie, e mortificare le identità di persone minorenni, è incostituzionale e anche inaccettabile».

I testi delle due pronunce sono scaricabili qui e qui.