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Elogio della certezza

4 Marzo 2016

L’incertezza giuridica è una potente arma a disposizione delle maggioranze per mantenere sotto controllo minoranze senza diritti.

Scrivendo il giorno successivo alla importante decisione del Tribunale dei Minori di Roma sulla adozione incrociata delle due sorelline di Roma ciascuna figlia di una delle madri che costituiscono la loro famiglia, sono colpito da due fatti.

Stiamo parlando di due donne che sia amano, vivono insieme da anni e anni e insieme hanno voluto queste figlie, delle quali si occupano ogni giorno dalla loro nascita. Ci giocano, le accompagnano a scuola, preparano i loro pasti, si preoccupano dei minimi cenni di una loro tristezza o malattia. Le amano. Questa “formazione sociale specifica” nel mio sentire ha un solo nome, famiglia, e trovo osceno che queste mamme debbano farsi scrivere un complesso ricorso, presentarlo a un Giudice, farsi esaminare da assistenti sociali e aspettare una sentenza che il pubblico ministero potrebbe impugnare. L’incertezza.

La sciagurata legge 184/83 all’articolo 55 rinvia al vetusto articolo 300 cc. Dunque le sorelle sono figlie della mamma che le ha date alla luce e parenti dei parenti di questa, ma semplici figlie adottive della madre adottiva, e non parenti dei parenti di quest’ultima. Compresa l’altra bambina. Lo Stato e un legislatore folle all’atto della approvazione della 184 negano questo vincolo di fraternità. Si è costretti a soluzioni rappezzate incomplete e prive di una tutela totale del bambino che sono molliche gettate ai cani. Come immaginare di non essere fratello di mia sorella e zio di mia nipote?

Perché non si può fuoriuscire dal paradigma eterosessuale della famiglia e l’omosessuale, solo o in coppia, deve essere sempre discriminato nonché bersaglio di insulti pronunciati nell’aula del Senato e dai pulpiti. Insicurezza. Molte volte ammiro l’ostinazione di coppie di italian* residenti all’estero che hanno matrimonio e figli eppure vorrebbero vedere riconosciuti giuridicamente quei legami fondamentali da un Paese che non li merita. Come provano non solo i biechi giochi politici di alcuni che hanno condotto allo stralcio della “Stepchild Adoption” da quel bandolo di diritti sovranamente concessi da un legislatore a suddit* ‘invertit*’ ma anche la esitazione continua ( che non ha potuto che rafforzare la destra religiosa) del partito di maggioranza sul tema, tradottasi in rinvii continui. Aggiungiamo l’oblio sul ddl antiomofobia e il quadro è completo.

Chi è incerto brancola, è legato a una catena che può allungarsi a Roma, ma forse non a Bologna, ad arbitrio di chi si fa padrone della sua esistenza e che anzi sente di dover ringraziare se per alcune ore può muoversi più liberamente. Domani, o in altro luogo, chissà. Chi è certo di una servitù è più pronto a lottare.
Ora certo è garantita la trasmissione ereditaria della propria collezione di vinili; si arrangi chi preferisce il chiasso di fastidiosi bambini, quell’originale massimalista che vive una vita anomala da anomalo che dovrebbe occuparsi solo dei soliti stereotipi – dalla collezione di libri sul patriarcato alle opere complete di Mina, e di fare soldi.

di Roberto de Felice, componente del Consiglio Esecutivo di Avvocatura per i Diritti LGBTI-Rete Lenford